un IT o

È finita la sessione. L’università è quasi vuota. Si vedono giovani fuori sede partire con le loro valigie trolley, per tornare a casa dalle famiglie. Sono le sette di sera e io e mio fratello stiamo uscendo dalla biblioteca dell’università perché a breve chiuderà. Il sole sta tramontando e noi passeggiamo sul ponte per tornare a casa. Tutto è calmo. Ci fermiamo un istante per voltarci a guardare la grande macchina divoratrice.

UnITo si sta spegnendo.

Per questa sessione si è cibata abbastanza di studenti e adesso torna a dormire, felice del suo pingue pasto. Le sue fauci attendono silenziose la prossima sessione per fagocitare e nutrirsi delle ansie e delle paure di nuovi e succulenti studenti.

Nel periodo esami ingloba centinaia di universitari disperati, felice di averli al suo interno, di prosciugarli delle loro energie e delle loro speranze. Mette in movimento la famelica bocca, ingurgitando nelle sue aule centinaia di giovani in preda all’ansia.

Li osserva, prima. Li studia cercando di coglierne i punti deboli e potersi poi materializzare nelle loro più profonde paure. E ci riesce, certo che ci riesce.

Le giovani matricole sono le più veraci, così piene di entusiasmo e allo stesso tempo così ingenue. Carne fresca che ogni anno si riversa nelle sue viscere volontariamente. UnITo gode nel vederle perire. I più deboli cadono come mosche e i più forti resistono tenacemente. E quando da matricole si trasformano in fuori corso… oh! Che goduria! Si instaura un piacere ancora più perverso. Fiaccarli, sfinirli e frustrarli… ma lasciarli sopravvivere. Anela quel fresco sudore che traspira dalle loro fatiche e si rinvigorisce dai loro patimenti.

Ma è la sessione esami il suo ghiotto pasto.

Lo studente si ritrova in un’aula piena di suoi simili pronti al macello e tutti aspettano l’arrivo del professore che farà l’appello e rivelerà il primo enigma della giornata: seguirà l’ordine di prenotazione o l’ordine alfabetico? E poi attende. L’attesa è ormai una tappa obbligata. Lo studente sa che perderà un’intera giornata nell’attesa di passare, o peggio, di ritrovarsi a dover tornare nei giorni successivi, prolungando così il suo supplizio. Quando il giovane universitario è finalmente di fronte al professore, che gli fa un’iniziale domanda generica, parte a sciorinare il suo sapere, e il docente lo lascia parlare facendogli credere che stia andando tutto bene finché non lo prende in contropiede con una domanda inaspettata, non pianificata e né tantomeno lontanamente immaginata dallo studente. Il giovane adesso si guarda attorno, in difficoltà, per poi tornare a fissare la figura demoniaca che gli si è materializzata di fronte. Fingere di non aver compreso la domanda e chiedere gentilmente di ripeterla è la sua mossa per prendere tempo. Ma è in quel momento che capisce che qualcosa non va. Le voci si abbassano, tutto si fa lontano e osserva quel volto che lo scruta. Sembra che in esso ci sia qualcos’altro, dietro quel sorrisetto compiaciuto e quegli occhi si cela qualcosa di oscuro.

È unITo che lo sta saggiando. Lo ha trovato, ha trovato il varco nel quale penetrare e demolire la sua vittima in pochi istanti. UnITo sembra fiutare qualcos’altro nella sua preda. Capisce subito se la disperazione dello studente sarà maggiore con la bocciatura o semplicemente con un voto basso. Questo gioco del gatto col topo lo diverte immensamente. E quando unITo ha fiutato quale sia l’opzione più fiaccante per lo sventurato giovane, colpisce. Ama vedere gli studenti disperarsi per la bocciatura ma ama ancora di più vederli disperare per un voto che rovinerebbe la loro media, mettendoli in condizione di rifiutare e quindi di dirigersi spontaneamente nelle sue fauci. I folli si gettano impreparati, avendo studiato solo il giorno prima, quasi per un piacere perverso di vedere se la fortuna li assisterà anche questa volta. Ma unITo prova piacere nel prendersi anche loro. E così banchetta, allegramente, tra uno studente e l’altro.

Li prende tutti, prima o poi.

E quando, alla fine della sessione, è finalmente sazia, torna a riposare soddisfatta.

Io e mio fratello con un sospiro di sollievo riprendiamo il cammino. Siamo sopravvissuti anche questa volta.


Autrice: Consuelo Laganà

Illustrato da: MMPasteur

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